Le conflittualità sociali avevano raggiunto la loro massima intensità negli anni '70 quando i lavoratori per reclamare migliori condizioni contrattuali sono stati indotti a proclamare più ore di sciopero in Italia che in tutta Europa.
All'esito i sindacati, che avevano promosso le azioni di lotta, anche violente, hanno conquistato significativi traguardi per l'emancipazione dei lavoratori nel contesto sociale.
In quegli anni, infatti, la controparte datoriale ed il potere politico per limitare i danni sono stati costretti a riconoscere ai lavoratori taluni fondamentali diritti con la legge 300 (Statuto dei lavoratori) ed altre norme di tutela (introduzione della scala mobile per fronteggiare l’aumento del costo della vita; leggi sulla sicurezza, l'istituzione della medicina del lavoro, riconoscimento di spazi di agibilità sindacale all'interno delle aziende e quant'altro). A questo punto, però, è scattata in modo insidioso e sibillino, la prevedibile reazione datoriale che si è manifestata come segue:
- Niente più scontri, né discriminazioni per ragioni di lavoro: i vari rappresentanti sindacali, piuttosto, sono stati variamente cooptati negli organigrammi dell'azienda a vario titolo per depotenziare ogni loro velleità rivendicativa; istituzione della «concertazione» per coinvolgere i sindacati nelle scelte aziendale, finalizzate più a salvaguardare il profitto aziendale piuttosto che tutelare gli interessi dei lavoratori;
- In tale contesto anche la parte politica ha concorso a svilire in modo occulto il ruolo del sindacato non più considerato come la controparte sociale, ma "assunto" come partecipe (o complice?) dell'azione governativa. E cosi vari esponenti sindacali di vertice hanno conquistato finalmente la tanto agognata poltrona governativa (Lama, Cofferati, Marini, Benvenuti e tanti altri). E tale "promozione politica" di talune sigle sindacali ha conferito ad esse il potere di promuovere leggi ad hoc, mirate soprattutto a favorire il monopolio della rappresentatività in loro favore in danno delle sigle autonome emergenti.
Tali politici sindacalizzati e privilegiati, infatti, hanno avuto modo di fare anche delle leggi finalizzate soprattutto a consolidare il loro esorbitante potere economico:
- istituzione dei patronati con dipendenti in aspettativa sindacale i cui contributi figurativi sono a carico dello Stato;
- iscrizione dei pensionati al sindacato (non sempre consapevoli) con trattenuta sulla pensione della quota sindacale per tutta la vita;
- stacchi sindacali retribuiti in misura generosa per fornire ai sindacati personale dipendente a costo zero; condizioni pensionistiche di miglior favore per i sindacalisti; riserva di posti nei consigli di enti pubblici; esonero dall'obbligo di presentare dei bilanci, istituzione dei CAF per consentire al sindacato di prestare un servizio con profitto, a spese del cittadino.
Gli interessi economici maturati da tali sindacati in tale situazione sono diventati così preminenti e condizionanti nel tempo al punto da precludere ad essi qualsiasi vera attività sindacale per non dover entrare in conflitto con il potere politico che ne favorisce le fortune.
Gli esiti fatali prodotti da tale «transizione di campo» del sindacato – che dai luoghi si lavoro si è insediato nelle agognate stanze del potere – si son fatti sciaguratamente sentire, ad es., con la legge Fornero che ha penalizzato i pensionandi ovvero con l'abrogazione dell'art. 18 che toglie le tutele ai licenziati, e così via). Per salvare la faccia, i sindacati sono stati costretti ad alzare la voce, ma sono stati zittiti da Renzi che, tanto per far capire il messaggio, ha immediatamente dimezzato il cospicuo monte ore dei distacchi sindacali retribuiti, in modo che il sindacato prendesse coscienza di chi fosse il vero arbitro della loro agibilità.
E’ evidente che la condizione di sudditanza economica del sindacato nei confronti dei poteri forti spiega tante cose: perché i lavoratori hanno perso il loro potere contrattuale?
PERCHÉ SUSSISTE A MONTE UN CLAMOROSO E PLATEALE CONFLITTO D’INTERESSE
Segretario Provinciale della Confsal (TS)
Filippo Caputo